«La Via Vandelli non è un percorso come gli altri. E’ vero che ogni cammino è unico, ma qui potremmo dire che si pedala sulla storia, dato che si tratta di una vera strada settecentesca». Le parole sono di Giulio Ferrari che è nato sul percorso della Via Vandelli, l’itinerario sorto in pieno Illuminismo per collegare Modena con Massa, attraverso le Alpi Apuane. Nel 2017 lo ha percorso per la prima volta, a piedi. Quindi ha messo a disposizione le tracce gpx e da lì è stato un crescendo, fino alla pubblicazione di due suoi libri. Ore è il presidente dell’Aps La Via Vandelli. L’Appennino fra l’Emilia e la Toscana è da sempre meta di conquista per pellegrini e pedalatori, ma qui si ha la sensazione di essere entrati in una storia a parte…
Avete ricevuto anche un contributo del Fai – Fondo Ambiente Italiano. Come è andata?
Nel 2022 con la delegazione FAI di Modena presieduta da Vittorio Cavani ci siamo lanciati nella partecipazione alla nota campagna nazionale “I luoghi del cuore” del Fai. Abbiamo raccolto 26.000 voti e siamo arrivati quarti su più di 38.000 luoghi partecipanti da tutta Italia. Un risultato incredibile, anche se purtroppo solo i primi tre del podio ricevevano dei finanziamenti. Non ci siamo scoraggiati e, l’anno successivo, abbiamo presentato un progetto sia al Fai che alla banca Intesa San Paolo e siamo riusciti ad ottenere un contributo di 18.000 euro.
Come li avete spesi?
Li stiamo tuttora spendendo per definire la segnaletica della Via. Negli anni addietro l’avevo segnata io personalmente con il logo “ViVa”. Ora, grazie a questo contributo ed al supporto delle sezioni Cai che si trovano sul percorso, andiamo a colmare le lacune. In particolare entro questa estate contiamo di finire la segnaletica leggera, mentre entro la prossima estate verranno installati cartelli direzionali più grandi ed anche pannelli informativi. A tutto ciò hanno contribuito anche i Comuni interessati dal passaggio della Via, sottoscrivendo un protocollo d’intesa.
Quanti chilometri e che dislivello occorre superare?
Da Modena a Massa sono 172 chilometri e circa 5.400 metri di dislivello. Si va dalla pianura emiliana fino al San Pellegrino in Alpe, poi si scende in Garfagnana e si valicano le Alpi Apuane per arrivare al mare. Un po’ come l’arrivo a Finisterre dopo il Cammino di Santiago…
Togliamoci il dubbio: la Via Vandelli è fattibile in bici?
Per essere chiari, nella mia guida lo sconsiglio, anche se ci sono persone che la affrontano in mountain bike e anche in gravel. La zona più dura è ovviamente quella delle Alpi Apuane, in particolare il Passo della Tambura che è anche il tratto più iconico della via, con la strada costruita sui muri a secco alti anche 3-4 metri (foto di apertura, ndr). Le difficoltà sono sia nelle salite, dove può capitare di doversi trovare a spingere per lunghi tratti, ma anche nelle discese. Se si prende velocità, infatti, può essere pericoloso. Per cui dico che chi vuole farla in bici deve avere oltre a una buona preparazione fisica (ma questo vale anche per chi va a piedi) anche un adeguato livello tecnico di guida. Le e-mtb possono aiutare, ma va considerato che in alcuni tratti impervi bisogna comunque tirarle su per superare gli ostacoli…
Non sono previste delle varianti bici?
Ufficialmente no, perché il tracciato della Via è quello, ma tanti ciclisti bypassano il Passo della Tambura per optare sulla strada asfaltata del Passo del Vestito. Ci si perde il tratto più caratteristico della Via, ma se non si è adeguatamente preparati è la soluzione più saggia. Va infatti considerato che sulle Alpi Apuane si è in completa autonomia, piuttosto isolati, anche se un chilometro più a valle ci sono dei centri abitati.
Qual è la storia di questa Via?
E’ una strada concepita ai primi del ‘700 dal Duca di Modena Francesco III d’Este che aveva come tutore l’illuminista Ludovico Muratori. L’obiettivo era congiungere la sua capitale con il mare, il cui sbocco lo aveva acquisito grazie al matrimonio tra suo figlio e la duchessa di Massa e Carrara.
Un’opera non facile viste le difficoltà dell’Appennino…
Senz’altro un’opera avveniristica dato che era dall’epoca dei Romani che non venivano progettate strade di questa portata. Essa non era solo lastricata per permettere il passaggio di carri e carrozze, ma c’erano anche osterie, stazioni di cambio cavalli, un servizio postale… In effetti la Via Vandelli fu la prima delle strade moderne e divenne un po’ il prototipo della grande rivoluzione viaria del XVIII secolo.
Perché si chiama così?
Perché Francesco III affidò il progetto a Domenico Vandelli, il suo miglior ingegnere che era anche professore di matematica all’Università di Modena. Infatti egli inventò il metodo delle isoipse (le curve di livello che troviamo tuttora nelle nostre mappe, anche in quelle digitali delle varie app di tracciamento, ndr) per la realizzazione della strada. Vandelli progettò anche un secondo ramo della Via che partiva da Sassuolo, dove c’era la residenza estiva del Duca. Lo abbiamo inserito nell’itinerario, portando il totale della Via Vandelli a 200 chilometri.
Ci sono strutture ricettive?
In questi 200 chilometri ci sono un centinaio di strutture tra b&b, agriturismi, rifugi e alberghi. Consiglio sempre di prenotare anche perché il periodo migliore per mettersi in marcia sulla Via è la bella stagione. Sulle Alpi Apuane c’è solo il Rifugio Nello Conti. Si raggiunge esclusivamente a piedi, ma passare una notte lì vale il viaggio…
E qualche dritta gastronomica?
Siamo tra Emilia e Toscana, non aggiungo altro…