| 11 Aprile 2024

L’Etape Parma, test esclusivo. Appuntamento al 28 aprile

LANGHIRANO – Ci sono zone che, come alcune gare del passato, possono considerarsi nobili decadute del ciclismo. Le strade dell’Appennino Est nella provincia di Parma a inizio anni ’90 hanno vissuto un momento di splendore e di conseguente promozione turistica proprio grazie al Giro d’Italia. Non semplici transiti, ma percorsi disegnati attorno ai punti più rappresentativi di quella parte di provincia.

Quando la Corsa Rosa ti passa sotto casa, spesso dà un senso a tutta la storia di un paese o di una vallata. A distanza di tanti anni, domenica 28 aprile le terre parmensi torneranno a respirare in un certo qual modo aria di grande ciclismo per effetto de L’Étape Parma by Tour de France, la gran fondo di 140 chilometri organizzata da ExtraGiro legata alla storica partenza italiana della corsa a tappe francese. Un evento a forti tinte gialle che coinvolgerà una intera città, Parma appunto, spesso ribattezzata “piccola Parigi” dai suoi stessi abitanti e non solo. Un nostro sopralluogo sul percorso assieme ad Adriano Malori è stato lo spunto per conoscere meglio quelle zone.

A cavallo della Alta Val Parma

Malori è stato campione del mondo U23 della cronometro, poi la sua carriera professionistica è stata interrotta da un brutto incidente che avrebbe potuto avere conseguenze ben più drammatiche. Oggi si occupa di preparazione e biomeccanica, autentico riferimento nella provincia di Parma. Il ritrovo con Adriano è davanti ad una storica e piccola caffetteria di Langhirano, capoluogo della Val Parma e centro della maggior parte di produzione del celeberrimo prosciutto crudo. Sembra fatto apposta perché proprio in quel punto il Giro d’Italia posizionò il traguardo di una tappa in linea ed una a cronometro, rispettivamente nel ’90 e ’91. Nel primo caso vinse il russo Poulnikov nell’edizione dominata dall’inizio alla fine da Bugno. L’anno seguente invece il successo andò proprio a Bugno che tuttavia per un solo secondo non riuscì a sfilare la maglia rosa a Chioccioli, che poi la portò fino in fondo.

Il tracciato de L’Étape Parma però, una volta lasciata Parma, toccherà Langhirano solo nella seconda parte. Prima risalirà la vallata dal versante di Lesignano de’ Bagni, al confine col comune di Traversetolo, patria dello stesso Malori. Le prime difficoltà altimetriche saranno in prossimità di Rivalta (al km 23 di gara), dove c’è il Parco dei Barboj, che deve il suo nome ai borbottii che accompagnano l’emissione di gas metaniferi e fanghi dal sottosuolo attraverso piccoli vulcanelli alti fino ad un metro. Da quel momento in avanti i granfondisti vedranno pochissima pianura per i successivi centro chilometri.

Tra bici e neve

Dopo il passaggio sulla dorsale della Val Termina col Passo del Crocione, si comincia a salire costantemente ben oltre i mille metri di altitudine. Alle pendici del Monte Fuso (dove c’è uno splendido centro faunistico, ideale per le famiglie) troviamo l’abitato di Lagrimone, che nel ’91 venne attraversato dalla Prato-Felino vinta in solitaria da Ghirotto.

Dall’incrocio principale del piccolo paese, inizia l’ascesa a gradoni che porterà a Schia, il “tetto” de L’Étape Parma con i suoi 1.273 metri e sede del comprensorio sciistico del Monte Caio, dove è cresciuto l’ex azzurro della discesa libera Alessandro Fattori. Proprio uno dei suoi primi maestri di sci, Doriano Bocchi, ci offre un ristoro nel suo negozio che risponde ampiamente alle esigenze di sportivi e turisti, anche grazie ad una dozzina di mini-appartamenti dislocati a pochi passi.

Lo scollinamento è posizionato praticamente a metà percorso e Malori inizia la discesa verso il punto “hors categorie” della gran fondo.

Il leggendario “cavatappi”

Lasciato alle spalle Tizzano Val Parma, il paese montano più importante di quella zona, si arriva su una strada di collegamento per la Val Baganza. Una strada ripidissima, tutta tornanti e non troppo lunga. Tre chilometri e mezzo che si attorcigliano su se stessi con pendenza media del 12% e punte del 16%, ribattezzato da tutti i ciclisti della zona come il “cavatappi” (o tirabuson in dialetto parmigiano).

La leggenda narra che al Giro d’Italia del ’90, durante la tappa La Spezia-Langhirano, molti corridori furono costretti a mettere piede a terra per il fondo reso scivoloso da una incessante pioggia. Invece Laurent Fignon dovette abbandonare la corsa accorgendosi di non avere la condizione necessaria per completare la tappa e il Giro. All’epoca, nel migliore dei casi, il rapporto più agile era un 39×23 e si usavano copertoncini da 21/23 mm. Adesso i pedalatori possono contare su ben altre bici, ma siamo sicuri che il “cavatappi” farà sudare tutti.

Al termine di quei tornanti si potrà “respirare” per qualche chilometro, prima di salire nuovamente in modo severo verso Cozzano Pineta (attorno a quota 1.000 metri), ex centro sciistico della media Val Parma. Tra la primavera e l’estate degli anni ’60/70, ospitava i ritiri di grandi squadre come la Salvarani di Vittorio Adorni o addirittura i calciatori dell’Inter. La lunga discesa ci riporta a Langhirano per riprendere le ultime colline di giornata.

Mangia e bevi in Val Baganza

Buona parte degli ultimi trenta chilometri sono in Val Baganza, territorio conosciuto soprattutto per le proprie eccellenze enogastronomiche come i tanti vigneti, il Salame di Felino o il Tartufo Nero di Fragno.

I classici “mangia e bevi” ciclistici finiranno nel Parco dei Boschi di Carrega, tra i comuni di Sala Baganza e Collecchio. I chilometri conclusivi de L’Étape Parma by Tour de France saranno l’occasione di rinverdire i fasti del grande ciclismo del Giro d’Italia che fu nell’Appennino Est parmense.

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